• Aprile 2013 •
Comincia con questo libro la serie della di quelli che mi hanno accompagnato, passo dopo passo, facendomi trasportare dalla serendipità, verso quello che divenivo man mano. In questa pila, ora che li riscopro per la seconda volta, riemergono le note ed i segnalibri che avevo lasciato a suo tempo.
La prima sottolineatura che ritrovo è sul libro Conosci te stesso scritto dal Dalai Lama, che ho letto nel mese di Aprile del 2013, cita:
Tutte le religioni concordano sulla necessità di domare la mente indisciplinata
Chissà nel momento in cui l’ho fatta cosa mi abbia colpito di quella frase, e cosa si intendesse in quel contesto con la parola indisciplinata, ma non è questo l’importante, quanto il fatto che qualcosa aveva iniziato a collegare le cose in maniera differente dentro di me. Proseguendo con la seconda sottolineatura ritrovo:
La mente ignorante non interroga le apparenze per decidere se sono corrette; essa accetta semplicemente il fatto che le cose sono come sembrano.
e poi:
Poiché accettare le apparenze come verità è il problema fondamentale, l’antidoto è arrivare a capire la falsità delle apparenze attraverso la logica.
La logica! Ora posso finalmente dirlo: quanto tempo perso dietro alla logica per cercare di dare una spiegazione a tutto (e soprattutto quante energie sprecate per essere quello che ne sapeva sempre di più). Da ingegnere sembra quasi naturale essere così, ma accettare che alle volte godere di un’esperienza senza comprenderla è quello che ci rende più presenti a quell’esperienza, è stata per me una piacevole scoperta. A cosa serve sapere che un arcobaleno è dato dalla luce rifratta dalle particelle d’acqua sospese nell’atmosfera, quando non ci accorgiamo che le poche volte che lo notiamo è una piccola magia davanti a noi?
La sottolineatura successiva riporta:
Dato che un attimo finisce, deve avere un principio e un momento intermedio. Anche il principio, il momento intermedio e la fine devono essere analizzati al pari di un attimo.
Questa frase potrebbe essere l’inizio di un’interminabile digressione sull’istante presente, che mutando continuamente ci da l’idea dello scorrere del tempo, che in realtà è generato solo dalle nostre menti, ma su questi argomenti avremo modo di ritornare più e più volte nei passi successivi, per raccontarti come le mie idee sono mutate diverse volte negli anni.
Continuando su queste parole sottolineate una ad una, mi imbatto in:
Un «io» che non dipende dalla mente e dal corpo non esiste, mentre un «io» inteso come dipendente dalla mente e dal corpo esiste in accordo con le convenzioni del mondo. Comprendere questo tipo di «io», che non si trova in alcun modo all’interno della mente e del corpo, e che non è neppure la somma della mente e del corpo, ma che esiste solo grazie alla forza del suo nome e dei nostri pensieri, è utile nel momento in cui ci sforziamo di vederci come veramente siamo.
“Io”: due lettere che pesano enormemente su quello che pensiamo di essere perché
Non esistiamo nel modo in cui pensiamo.
Sono giunto al punto di imbattermi in una citazione di Nagarjuna contenuta nella sua Lode della realtà:
La dottrina suprema per la purificazione della mente è l’assenza di esistenza intrinseca.
Di sicuro non ho le competenze per cercare di farti capire cosa sia l’esistenza intrinseca di cui parla il Dalai Lama, ma il solo fatto di pensare a qualcosa che sia più di quello che tutti noi immaginiamo come “esistenza”, mi ha portato sicuramente a cercare di capire qualcosa di più di ciò che sono, che sicuramente non può essere spiegato con la pura logica. Questo approccio si ritrova anche in questo passo:
Quando progredisci verso la comprensione che le cose e le persone non possono essere trovate con l’analisi, ma tieni a mente che in effetti esistono, puoi forse cominciare a sentire l’impatto dell’enunciato secondo cui esistono grazie alla forza del pensiero. Ciò, a sua volta, ti costringerà a riflettere ulteriormente su come le persone e le cose appaiono alla tua mente e scardinerà la tua fiducia nella bontà o meno di tali apparenze che, in precedenza, accettavi automaticamente come intrinseche agli oggetti. Comincerai a notare come approvi l’apparenza degli oggetti e come li intendi.
L’ultima sottolineatura che ho fatto sul libro sembra quasi un monito che mi esortava a proseguire dopo questo primo passo:
Pensiamo sempre di avere molto tempo a disposizione. Questa convinzione erronea ci espone al forte pericolo di sprecare la nostra vita procrastinando.
La logica del sorgere-dipendente
In questo libro non ci sono solo sottolineature che si lasciano riscoprire, ma ritrovo anche due segnalibri che mi riportano a leggere le pagine a cui erano aggrappati. Da questa rilettura, avvenuta dopo tutti questi anni, riscopro il concetto del sorgere-dipendente. Il Dalai Lama, per portarci a comprendere questo concetto, comincia con lo spiegare la dipendenza di ogni cosa, intesa come l’impossibilità di esistere per facoltà propria. Lo fa con un esempio molto semplice, prendendo in considerazione un tavolo, che per esistere dipende dalle sue parti. Ma l’insieme delle sue componenti non costituisce un tavolo, che diviene tale dipendendo dal nostro pensiero. Ossia un tavolo non esiste di per sé. Da questo punto di vista un tavolo è qualcosa che sorge, o che esiste, dipendentemente. Se spostiamo l’attenzione dal tavolo dell’esempio e la portiamo sul nostro «io», le cose si fanno interessanti. Il Dalai Lama procede nei suoi ragionamenti affermando che l’«io» deve trovarsi dentro l’area in cui si trova il corpo, ma se si indaga in quest’area, non si troverà un “«io» dotato di sostanza propria. Nonostante questo, un individuo esiste di fatto anche se il suo «io» non si possa trovare.
L’«io» in effetti non esiste, ma quando esiste, e tuttavia non può essere trovato, dovremo dire che sorge in dipendenza dal pensiero.
La causa che dipende dal suo effetto
Il secondo segnalibro mi riporta ad un ragionamento sicuramente atipico. Ci sembra ovvio che gli effetti dipendano dalle cause, ma nella logica del sorgere-dipendente dobbiamo considerare che la definizione di qualcosa come “causa” dipende dalla considerazione del suo effetto.
Una cosa non è causa di per sé: è definita «causa» in relazione al suo effetto. In questo caso l’effetto non avviene prima della sua causa, né la sua causa viene ad esistere dopo il suo effetto; è pensando al suo effetto futuro che designiamo una cosa come causa.
L’effetto della lettura di questo mio passo, da quale evento sarà designato come causa dal tuo pensiero?
Vuoi rimanere aggiornato sui miei passi? Iscriviti alla mailing list.
Riceverai una mail quando pubblicherò un nuovo passo o ci sarà una novità interessante di cui renderti partecipe.
Articoli recenti
Universi paralleli del Sé – Frederick E. Dodson
• Settembre 2021 • In un gruppo di discussione su di un social, stavo leggendo dei commenti che riportavano dei libri che avevano in qualche modo cambiato il modo di pensare delle persone [...]
Un corso in miracoli – Foundation for inner peace
• Dicembre 2020 • Preferisci avere ragione o essere felice? Questa frase la lessi la prima volta nel libro No time for karma, dove in origine sentii nominare Un corso in miracoli. Anche [...]
Tu Sei Origine – Paolo Marrone
• Novembre 2020 • Quando un libro mi appassiona, tendo poi ad approfondire anche gli altri libri dello stesso autore. Dopo aver letto La realtà ultima di Paolo Marrone, sono passato subito al [...]