• 7 Marzo 2015 •

In questo passo non mi occupo di un libro, ma ripercorrendo il sentiero che ti sto raccontando ho trovato un post che ho fatto su Facebook, dopo aver letto questo articolo dove, riprendendo la citazione

Il semplice “esistere” è così doloroso che ci ritroviamo a desiderare di farci del male per evitarlo.

mi sono chiesto: “Non sarebbe forse meglio capire realmente cosa significa esistere?”

L’articolo comincia con il descrivere l’abitudine comune (troppo spesso anche la mia), di rispondere alla domanda “Come va?” iniziando una discussione riguardo a quanto siamo troppo impegnati e di come questo ci renda esausti. Io credo che ci siano diversi motivi perché questo avvenga, riassumibili in questi due punti:

  • difesa: se dico che ho già molte cose da fare, forse il mio interlocutore non mi assegnerà altri compiti
  • mancanza di controllo: l’idea mentale di essere sovraccarichi di attività ci porta alla sensazione di non poter governare la situazione, inducendo quindi stress e tensione

Qualcuno potrebbe anche ipotizzare un terzo punto legato alla posizione – se ho più cose da fare del mio interlocutore, in una certa scala di valori immagino di essere più importante di lui – ma questo è talmente lontano dal mio modo di pensare che non voglio nemmeno considerarlo, lasciando chi è nei gradini più alti di questa scala tranquillamente (si fa per dire) al suo posto.

Tornando ai due punti citati prima, questi in realtà possono fondersi in un unico punto, poiché la sensazione di aver perso il controllo delle tante attività da compiere, probabilmente porterà ad una chiusura per evitarne l’aggiunta di ulteriori. Ma siamo veramente sicuri che questa situazione sia derivante completamente dall’ambiente esterno, o siamo noi stessi artefici del nostro affanno? Proviamo a separare le situazioni in due semplici categorie:

  • attività imposte da altri: sull’ambiente di lavoro o per alcune dinamiche della nostra vita sociale
  • attività imposte da noi stessi: non solo quelle derivanti da necessità, ma soprattutto quelle per colmare il vuoto

A quale vuoto mi riferisco? A quello che ci lascia soli con noi stessi e che non siamo abituati ad apprezzare. Quello che riempiamo davanti alla TV o con i continui tocchi sfuggenti sul telefono che mostra infinite notifiche di cose che non ci interessano, ma ci impegnano. Siate sinceri con voi stessi; spesso al primo momento in cui riusciamo finalmente a fermarci, la domanda che affiora nella nostra mente è “Cosa faccio adesso?” Questa è la domanda che ci ponevamo fin da bambini, nel nostro impeto di sperimentare, e che nessun adulto mai ha provato a spiegarci (perché a loro stessi nessuno aveva mai dato la risposta). Proviamo quindi a cominciare da noi stessi a risolvere la questione.

È realmente necessario “fare” qualcosa?

Questo bisogno da cosa deriva? Dal sentirsi vivi? Prova a scavare maggiormente dentro di te. Quella che non vuole morire è la tua mente. Ha bisogno di continue attività per sentirsi qualcosa e far sentire di conseguenza “te” qualcuno. Se pensi che la tua mente sei “tu” (potremmo cominciare una serie molto lunga di domande per approfondire il discorso, ma mi fermo ad una sola) allora il tuo corpo chi è? Sono domande paradossali per comprendere che siamo l’insieme di più “idee” (anche il tuo corpo è una percezione della tua mente, attraverso i sensi di cui dispone). Ma ci sono “non-idee” che quindi non dipendono dalla mente? Per dare una risposta a questa domanda non posso scrivere quella che è la mia esperienza, perché devi fare la tua. Hai mai provato a “spegnere” la mente? Se pensi che non sia possibile, sappi che non è così. Se hai il timore di fermare qualcosa di vitale, questo non ha senso di esistere. Non troverai un interruttore nascosto nel tuo profondo che decreterà questo spegnimento ma, soprattutto all’inizio, sarà un’esperienza graduale. Ne ho parlato in Libera la mente, citando la metafora dei veicoli/pensieri che affollano la strada/mente, ma sappi che il non-pensiero è assolutamente alla tua portata.

Scoprirai quindi che non sarà più necessario colmare ogni vuoto, ma potrai godere di quei momenti personali, che porteranno ad una catena di eventi che allenterà lo stress e ti farà vivere in maniera differente il resto delle attività che non puoi governare. Se infine riuscirai semplicemente a vivere queste attività, senza giudicarle come positive o negative, la percezione delle tue giornate cambierà, senza più la necessità di avere ogni singolo elemento sotto controllo.

Queste ultime parole possono farti pensare che, se non puoi governare le cose, allora c’è una sorta di destino che bisogna accettare incondizionatamente, ma non è assolutamente così. Possiamo “creare”, in piccoli cambiamenti continui, la nostra esperienza, ma di questo parleremo in uno dei prossimi passi.

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