• L’inizio • 27 Luglio 2010 •
Ognuno scorre nella propria vita, senza rendersi conto che gli eventi che ci percuotono, il più delle volte non hanno la forza necessaria per scatenare una scintilla che inneschi una reazione in noi.
Accade, prima o poi, che il fato ci colpisca con la forza necessaria a generare quella scintilla. C’è chi si concentra sulla percossa subita e chi riesce invece a cogliere la scintilla emessa. Ho passato molto tempo a dolermi della percossa, prima di scoprire che la scintilla era ancora viva e poteva cambiare il mio stato.
Tutto cominciò mentre mi trovavo nel fiume lento degli eventi (che in realtà io vivevo come un torrente in piena), nei miei primi anni dopo la trentina. Ero da un cliente a Rovigo, il pomeriggio del 27 Luglio 2010, nel mezzo di una discussione sulla pianificazione della produzione, quando arrivò la telefonata che diede origine alla percossa.
Non dobbiamo immaginarla come un colpo secco, quanto piuttosto come un processo, da cui diventa quindi più facile immaginare scintille che non si estinguono in un istante, ma che portano il loro potere incendiario ad avere effetti nel futuro.
Al telefono sentii mia madre che disse di essere in ospedale con mio padre, che era stato trattenuto perché gli era stata riscontrata una lesione cerebrale. Mi congedai velocemente e salii in macchina, dove mi aspettavano un paio d’ore in cui la mia mente cercava di immaginare cosa significasse la definizione “lesione cerebrale”. Mio papà, essendo stato un giocatore di calcio per moltissimi anni, di scontri ne aveva avuti tanti, e ingenuamente pensavo che uno di questi avesse causato la lesione. Ancora non pensavo che i segnali dei giorni precedenti potessero essere correlati a quello che stava avvenendo.
Al mio arrivo in reparto mi unii all’attesa alla quale i miei genitori avevano dato inizio qualche ora prima, muovendoci lentamente verso le parole del neurologo che di lì a poco avrebbe affermato che mio padre aveva un tumore. Fu strano ritrovarmi ad ascoltare quelle parole mentre la consapevolezza di cosa sia una “lesione cerebrale”, che immaginavo come una sorta di crepa, si manifestò su di un’immagine che mostrava un’ampia forma circolare, di una nebbia densa e localizzata, che ci avrebbe in qualche modo avvolti in quello che stava per accadere.
Dagli approfondimenti successivi, emerse un Glioblastoma Multiforme, che mi portò in meno di quattro mesi a passare dall’abbraccio che unì mio papà a me e mia mamma quando il neurologo usci dalla sala, al momento in cui a metà mattina del 18 Novembre 2010 mio padre mi lasciò mentre gli tenevo la mano nel reparto di terapia intensiva. Fino a qualche minuto prima non avrei mai immaginato che questo potesse accadere, né tantomeno quello a cui avrebbe portato.
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