• Ottobre 2016 •
Mi ritrovo in autunno, ma non quello attuale, bensì quello vissuto sei anni fa, e riscopro dei piccoli passi che in questo caso non sono libri, ma post che avevo fatto riguardo ad argomenti che mi avevano sfiorato (caso o Serendipità?) in questi stessi mesi nel passato. Per le parti citate in inglese, riporto per tua comodità la traduzione in italiano, ma non volermene se non è perfetta; concentrati sul significato piuttosto che sul significante. Ho aggiunto inoltre il link all’articolo originale, se hai voglia di approfondire l’argomento per tuo conto.
La prima foglia pensiero di questo autunno passato, che cadendo si poggia sulle mie riflessioni, mi riporta al 26 Settembre 2016, dove riportavo questa citazione di Julia Shaw, una psicologa criminale specializzata nella scienza della memoria:
I think that reality is purely your perception. And it’s a completely personal experience. The world as you know it only exists to you, [as you are] right now. Every day you wake up a new person [with a different brain, and a different set of memories to guide you].
I like to say that all memories are essentially false. They’re either a little bit false, or entirely false. There are entire experiences that never happened.Penso che la realtà sia puramente la tua percezione. Ed è un’esperienza completamente personale. Il mondo come lo conosci esiste solo per te, [come sei] in questo momento. Ogni giorno ti svegli come una persona nuova [con un cervello diverso e un diverso insieme di ricordi che ti guidano].
Mi piace dire che tutti i ricordi sono essenzialmente falsi. O sono un po’ falsi, o del tutto falsi. Ci sono intere esperienze che non sono mai accadute.
A ‘Memory Hacker’ Explains How to Plant False Memories in People’s Minds
Anche ragionando solamente dal punto di vista biochimico, un pensiero (reale o falso, qualsiasi cosa significhino queste due parole) è immagazzinato attraverso la rimodulazione delle sinapsi presenti e, se ci ragioniamo, ogni volta che ripensiamo a un ricordo, lo stiamo “modificando” leggermente, per cui non sarà più lo stesso di prima. Quindi cosa avviene nella nostra mente quando pensiamo e ripensiamo ad uno specifico ricordo? Da un lato lo modifichiamo continuamente, allontanandolo sempre più dall’evento avvenuto, mentre dall’altro gli diamo forza (positiva o negativa a seconda del pensiero stesso) creando di fatto la percezione della realtà dettata dall’interpretazione dell’evento vissuto, reiterata in tutte le considerazioni successive. L’evento originale, che rappresenta l’esperienza nell’infinito istante presente, è stato sostituito nel tempo percepito all’interno della nostra mente, in una forma pensiero rafforzata da tutte le volte in cui è stato rimuginato.
La prossima foglia a cadere, è quella del primo Ottobre 2016, attraverso le parole di un fisico dell’UC Berkeley: Yasunori Nomura.
Nomura says one flaw is figuring out how to measure whether this notion of “observer time” is real. “The answer depends on whether the concept of time can be defined mathematically without including observers in the system,” he says. The authors argue that there is no way to subtract the observer from any equation, since equations are by default performed and analyzed by people.
Nomura dice che una carenza sta nel capire come misurare se questa nozione di “tempo dell’osservatore” è reale. “La risposta dipende dal fatto che il concetto di tempo possa essere definito matematicamente senza includere osservatori nel sistema”, afferma. Gli autori sostengono che non c’è modo di sottrarre l’osservatore da alcuna equazione, dal momento che le equazioni vengono eseguite e analizzate per impostazione predefinita dalle persone.
Time Might Only Exist in Your Head. And Everyone Else’s
Nel mio post, dopo questa citazione, scrivevo in quel momento
Inserire il tempo in una moltitudine di equazioni che tentano di spiegare ciò che ci circonda, non è sufficiente per farlo esistere al di fuori dalle nostre menti
Rileggere questo mia considerazione, subito dopo aver scritto le righe precedenti di questo passo in cui contrapponevo l’esperienza dell’evento nel momento presente (l’unico che c’è) al tempo che creiamo nelle nostre menti, sembra quasi rispecchiare un filo che continua a tessere una maglia in cui il decoro non è ancora chiaro a chi osserva, ma è ben presente in chi intreccia quel filo (la Coscienza?).
La terza foglia è caduta poco dopo, il giorno 8 Ottobre 2016, dove scrivevo:
Immaginare di essere nel mezzo di questa conversazione con loro mi fa convincere sempre più che la via per la comprensione dev’essere necessariamente multidisciplinare
EINSTEIN: Even in our everyday life we feel compelled to ascribe a reality independent of man to the objects we use. We do this to connect the experiences of our senses in a reasonable way. For instance, if nobody is in this house, yet that table remains where it is.
TAGORE: Yes, it remains outside the individual mind, but not the universal mind. The table which I perceive is perceptible by the same kind of consciousness which I possess.
EINSTEIN: If nobody would be in the house the table would exist all the same — but this is already illegitimate from your point of view — because we cannot explain what it means that the table is there, independently of us. […] TAGORE: […] In the apprehension of Truth there is an eternal conflict between the universal human mind and the same mind confined in the individual. The perpetual process of reconciliation is being carried on in our science, philosophy, in our ethics. In any case, if there be any Truth absolutely unrelated to humanity then for us it is absolutely non-existing.EINSTEIN: Anche nella vita di tutti i giorni ci sentiamo in dovere di attribuire agli oggetti che utilizziamo una realtà indipendente dall’uomo. Facciamo questo per collegare le esperienze dei nostri sensi in modo ragionevole. Per esempio, se in questa casa non c’è nessuno, quel tavolo resta dov’è.
TAGORE: Sì, rimane al di fuori della mente individuale, ma non della mente universale. Il tavolo che percepisco è percepibile dallo stesso tipo di coscienza che possiedo.
EINSTEIN: Se in casa non ci fosse nessuno il tavolo esisterebbe lo stesso — ma questo è già illegittimo dal tuo punto di vista — perché non possiamo spiegare cosa significhi che il tavolo è lì, indipendentemente da noi. […] TAGORE: […] Nell’apprensione della Verità c’è un eterno conflitto tra la mente umana universale e la stessa mente confinata nell’individuo. Il perpetuo processo di riconciliazione si svolge nella nostra scienza, filosofia, nella nostra etica. In ogni caso, se esiste una Verità assolutamente estranea all’umanità, per noi è assolutamente inesistente.
When Einstein Met Tagore: A Remarkable Meeting of Minds on the Edge of Science and Spirituality
Questo estratto, preso dal dialogo avvenuto il 14 Luglio 1930, quando Einstein invitò Tagore (poeta, filosofo e musicista indiano) a casa sua, pone in contrasto scienza e religione. Nel corso degli anni ho cambiato il mio approccio dicotomico su questi due credi, e alcuni testi che ho letto recentemente azzardavano l’ipotesi che la scienza odierna sta diventando una sorta di religione, che basa la sua sopravvivenza su un particolare credo che non possa frantumare tutte le sicurezze scientifiche sedimentate finora. Il superamento di questo “blocco” potrebbe veramente farci proseguire nella comprensione, ma di questo parleremo in uno dei passi futuri, perché prima è necessario ripercorrere la linea di pensiero che ti potrà far comprendere i concetti che sto delineando.
L’ultima foglia di questo mese che continua a circondarmi di colori, suoni e odori che amo, ha come data il 30 Ottobre 2016, e non fa riferimento a un articolo che ho letto e che mi ha fatto ragionare in maniera diversa, ma a una citazione dal film The Tree of Life, che mi ha lasciato una nuova sfumatura su di un tema che mille volte ho riconsiderato e rimodellato nella mia mente, sempre relativamente al tempo:
Ero in attesa che succedesse qualcosa e quel qualcosa era l’attesa
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