• Ottobre 2018 •

I Kahuna sono degli antichi sciamani hawaiani, le cui conoscenze sono descritte da Max Freedom Long nel libro La scienza segreta dietro ai miracoli uscito nel 1948. Già in questa prima frase, compaiono due parole che spesso attivano i nostri pregiudizi per la valutazione della veridicità dei concetti che seguiranno: sciamani e miracoli.

Gli sciamani non sono maghi, né tantomeno umani con poteri soprannaturali, ma semplicemente persone con due capacità ben precise, ossia percepire le energie sottili e saper trasformare i preconcetti delle altre persone. Questa seconda dote si lega al concetto di miracolo, non nell’accezione comune che gli viene data di evento “impossibile e inspiegabile”, ma di quella più corretta di “cambio di credenze” che porta oltre ai propri schemi mentali, rendendo possibile ciò che prima credevamo non lo fosse. Mi rendo conto che, anche cambiando la definizione del termine miracolo, non sia così semplice comprendere il significato che sto cercando di trasmettere, e infatti

i Kahuna insegnavano che la mente umana non è in grado di comprendere una forma di consapevolezza diversa e superiore alla propria.

Questo non vuol dire che siamo destinati a non raggiungere mai questa comprensione, ma semplicemente che non lo possiamo fare attraverso la mente razionale. Possiamo avvicinarci per passi alla comprensione finale, analizzando singole componenti che agiscono insieme. Le pratiche dei Kahuna si basano sempre su tre elementi: la coscienza, che attraverso una sostanza invisibile dirige la forza. Rileggendo queste considerazioni, non ho potuto evitare di fare delle similitudini con il Tai Chi Chuan, che pratico ormai da diversi anni, e che fra gli altri principi considera Yi (l’intenzione) che muove il Qi (l’energia) per guidare Li (la forza muscolare) attraverso il corpo. Utilizzando dei termini più contemporanei e allontanandoci dal piano fisico, possiamo dire che la coscienza, attraverso l’accesso al campo quantico (dove esistono tutte le infinite possibilità), determina la realtà percepita. Riprendendo le considerazioni iniziali, un miracolo è quindi un cambio di realtà percepita. Continuamente quello che percepiamo come realtà è il collasso di infinite possibilità in una sola situazione che viviamo nell’istante presente, definita dalla nostra coscienza, spesso (scusa il gioco di parole) inconsciamente. Ma cos’è quindi questa coscienza? Secondo l’autore

la coscienza non è qualcosa di istintivo dato da Dio: è semplicemente la naturale ed emozionale reazione del subconscio a cui è stato insegnato che certe cose sono giuste e altre sbagliate.

Io la definisco in maniera leggermente diversa. Ciò che è descritto nella sottolineatura, a me sembra più l’ego. La coscienza è ciò che ci rende consapevoli delle esperienze nel mondo duale che percepiamo con i sensi, ma è anche ciò che ci permette, attraverso la meditazione, di utilizzare la mente eliminando gli stimoli sensoriali, per connetterci con qualcosa di unico: la Coscienza universale. C’è una sorta di lotta fra coscienza ed ego, che sembra sfociare nel conflitto fra chi siamo e come vogliamo apparire (verso gli altri, ma anche verso noi stessi). È un conflitto che ha fine solo quando decidiamo veramente cosa vogliamo (noi, non il nostro ego), che ci porta inevitabilmente a tornare ad essere chi siamo. Questo è il passaggio dalla coscienza alla Coscienza.

Solo la persona che decide quello che vuole e si attiene fedelmente alla sua decisione può offrire al Sé superiore le corrette forme di pensiero da cui costruire il futuro come lo desidera e pianifica.

L’autore usa ovviamente le sue parole, ma mi sento in sintonia con quello che esprime. Sono le nostre forme-pensiero che generano ciò che percepiamo, ed è con l’attenzione focalizzata su di esse che possiamo rimodellare vecchi schemi e crearne di nuovi. È questo il libero arbitrio: decidere a quali pensieri dare attenzione (energia), affinché producano cambiamenti di percezione per portarci ad esperienze diverse.

Se vuoi approfondire ulteriormente il tema del libero arbitrio, leggi il paragrafo in cui ne parlo, nel passo Biocentrismo.

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