• Dicembre 2020 •
Preferisci avere ragione o essere felice?
Questa frase la lessi la prima volta nel libro No time for karma, dove in origine sentii nominare Un corso in miracoli. Anche nel passo Maestro di te stesso ho citato lo stesso libro e, quando ho scoperto Paolo Marrone (La realtà ultima e Tu Sei Origine), lui stesso lo riprende più volte. Tutti questi “inviti” alla lettura non potevano rimanere inascoltati, e quindi mi decisi ad acquistare il testo, la cui genesi ha delle somiglianze con quanto accaduto a Neale Donald Walsch, come racconto nel passo Dio mi disse.
Un corso in miracoli nasce dal lavoro di due professori di psicologia clinica alla facoltà di medicina e chirurgia della Columbia University di New York City, Helen Schucman e William Thetford, e successivamente dal supporto di un altro psicologo, Kenneth Wapnick, che si unisce ai primi due subito dopo i sette anni di lavoro che ci vollero per arrivare al manoscritto. Per tutti questi anni, fino all’autunno del 1972, Helen sentì una voce interiore che gli dettava il testo, che lei stenografava sui suoi appunti, i quali venivano poi riscritti a macchina da William. Il Corso è organizzato in tre libri: il testo, il libro degli esercizi (sono 365, idealmente uno per ogni giorno dell’anno), e il manuale per gli insegnanti (scritto sotto forma di domande e risposte). Il Corso parla di Dio, Cristo e Spirito Santo, ma non è un testo religioso, e tali termini non vanno presi alla lettera con l’accezione cattolica che la maggior parte di noi ha radicata in sé. Il termine Miracolo, ad esempio, non va inteso come un fenomeno esterno inspiegabile razionalmente, ma come un cambiamento interno, che modifica la nostra percezione, “capovolge la proiezione ripristinando la mente alla sua funzione causativa, permettendoci di scegliere di nuovo”.
Poiché il libro è molto ampio e le mie sottolineature sono più numerose del solito, le ho strutturate mantenendo l’organizzazione creata dagli autori (anche se loro non hanno mai voluto sentirsi definire in tal modo), partendo dalla citazione per poi commentarla personalmente.
Testo
1 – Il significato dei miracoli
VI. L’illusione dei bisogni
Tu agisci in base all’ordine particolare di bisogni che stabilisci. Questo, a sua volta, dipende dalla tua percezione di ciò che sei.
Siamo programmati ad agire in un modo predefinito, e questo programma è salvato nel nostro inconscio, lasciando trasparire i suoi tratti nel nostro ego. È un programma che si è creato negli anni, in base alle situazioni che abbiamo vissuto e alle emozioni che hanno fatto nascere in noi. Se non facciamo nulla di consapevole, tutto continua a funzionare nello stesso modo in maniera automatica, in un circolo di autoconferma di ciò che crediamo di essere. La cosa interessante è che possiamo cambiare le cose, partendo dalla percezione di noi stessi che, per quanto riportato nella sottolineatura, ci porterà ad agire in maniera differente, perché i nostri bisogni saranno diversi.
4 – Le illusioni dell’ego
II. L’ego e la falsa autonomia
La conoscenza non implica mai paragoni. Questa è la principale differenza da qualsiasi altra cosa che la mente può afferrare.
La nostra mente funziona per associazioni e diventa sempre più efficiente in questo processo. A ogni stimolo ricerca al suo interno se è qualcosa che ha già gestito in passato e, in caso contrario, cerca altro che possa in qualche modo essere correlato ad esso. Anche quando dobbiamo spiegare qualcosa a qualcuno, cerchiamo dei paragoni che possano aiutarlo a comprendere cosa vogliamo esprimere, con la stessa logica associativa che accomuna le nostre menti. Se ci pensi bene però i qualia (gli aspetti qualitativi dell’esperienza della nostra coscienza) sono ben chiari al nostro sé, e questa conoscenza non ha bisogno di nessun paragone (anche perché non esiste) per essere compresa, ma solo per essere trasmessa, attraverso dei simboli, ad altri. La mente ha quindi la necessità di simboli sia per memorizzare che per condividere, mentre la nostra coscienza ha accesso diretto al significato dell’esperienza.
5 – Guarigione e interezza
I. L’invito allo Spirito Santo
Cominciamo il nostro processo di risveglio con alcuni semplici concetti: I pensieri si accrescono donandoli. Più persone credono in essi, più forti diventano. Tutto è un’idea.
Abbiamo paura di condividere le nostre idee, da un lato per timore del giudizio altrui e dall’altro se pensiamo che in questo modo altri possano ottenerne un vantaggio, togliendoci qualcosa. Questo ci porta alla classica dicotomia fra condivisione e competizione, due strade che portano a risultati ben diversi. Ci sono cose che non diminuiscono mai donandole, come ad esempio l’amore, la gratitudine, la conoscenza e, anzi, la loro condivisione ci porta ad accrescere la loro presenza. Fra queste ci sono anche le idee. Quando infine nella sottolineatura troviamo il fatto che “tutto è un’idea” si riassume in estrema sintesi il processo creativo, nel senso vero e proprio di “creazione”. Ogni cosa, prima di divenire tangibile, ha origine come forma pensiero. Solo successivamente queste possono materializzarsi nel mondo percepito e, come ti ho già detto in diversi miei passi, devi quindi porre attenzione a quali forme pensiero dai attenzione, e quindi energia, perché poi queste si concretizzano nella tua vita.
II. La Voce che parla per Dio
Si prende col dare.
Con altre parole, in questa sottolineatura, si riprende il tema della condivisione che ho trattato nel paragrafo precedente. Possiamo leggere questa affermazione da due punti di vista. Da un lato, mettendo da parte il nostro ego, possiamo ricordarci che siamo tutti interconnessi (se ti piace il legame con la meccanica quantistica) o proiettiamo sugli altri le nostre mancanze e i nostri bisogni (se preferisci l’idea del sogno in cui siamo immersi), per cui quello che diamo lo stiamo dando a noi stessi. Dall’altro lato, considera anche la legge di attrazione che ci porta tutto quello che rende coerente il mondo esterno con la nostra consapevolezza interna. Se siamo grati per quello che abbiamo, il percepito non potrà fare altro che adattarsi a questa nostra convinzione, portandoci continuamente altro per cui essere grati, e questo vale per ognuno degli aspetti che citavo come esempio precedentemente, dove il donare aumenta ciò che possediamo.
6 – Le lezioni dell’amore
V. Le lezioni dello Spirito Santo
Per meglio comprendere quanto scriverò, pensa allo Spirito Santo come al mezzo che può portarti dalla visione di te stesso dettata dal tuo ego alla consapevolezza del Tutto Unico. In tale contesto, capirai che puoi pensare allo Spirito Santo come ad un cambio di mentalità, e quindi potrai meglio comprendere le “sue” indicazioni.
La prima lezione si sintetizza in
Per avere, dai tutto a tutto
e poco dopo nel testo si fa riferimento al fatto che questo “primo passo nel processo di inversione sta nel disfare il concetto di ottenere”.
Accettare questo cambio sostanziale di punto di vista crea in noi un conflitto rispetto a tutto quello che abbiamo creduto finora. Possiamo convivere con questo conflitto, o superarlo e raggiungere lo stadio successivo, come suggerito dalla prossima lezione:
Per avere pace, insegna pace per impararla.
Anche in questo caso, viene ricordato che questa “è un’affermazione esplicita di ciò che vuoi”. Per arrivare ad essere in pace, devi prima comprendere cosa significa. Hai mai notato che quando insegni qualcosa alle volte emergono delle piccole crepe nel tuo sapere e questo ti induce a comprendere ancora meglio quello che stai cercando di spiegare? La volta successiva che spiegherai la stessa cosa, sarà diverso; sarà più completa. Altre crepe potrebbero presentarsi nella tua esposizione, e questo ti porterà a imparare sempre più in profondità quello che vuoi trasmettere, ma per dare qualcosa devi già averla, e quindi possiamo legare i primi due insegnamenti: dai/insegna per avere/imparare tutto.
Infine, l’ultima lezione invita a focalizzarci:
Sii vigile solo per Dio e per il Suo Regno
sottolineando che questa “è un’affermazione di ciò in cui vuoi credere”, e fa riferimento esplicito a ciò che è già dentro di te, senza nessuna distrazione esterna. Quello che è fuori serve solo a farci fare esperienza per comprendere ciò che è dentro. Non farti confondere però dai confini che ti imponi. Non sto parlando di “fuori” dal nostro corpo e “dentro” da qualche parte al suo interno. Il nostro corpo fa parte anch’esso del fuori; scopri da solo qual è il tuo dentro, per giungere alla conclusione che non c’è né fuori né dentro, ma solo il centro di una circonferenza infinita che annulla i confini.
11 – Dio oppure l’ego
IV. L’eredità del Figlio di Dio
Solo tu puoi privarti di qualcosa.
Smettila di pensare che qualsiasi cosa che non sia tu possa influenzare la tua vita. Nulla ha potere su di te, se non glielo dai tu. Di conseguenza, solo tu puoi fare in modo che ti venga portato via qualcosa. Non stiamo parlando di cose materiali ovviamente, ma delle ricchezze interiori che non hanno mai fine, anche se le doniamo, come ho scritto prima in questo passo.
14 – Insegnare per la verità
XI. La prova della verità
Il tuo passato è ciò che hai insegnato a te stesso.
Questa affermazione può essere letta in due modi. Da un lato, in termini di memoria delle esperienze fatte, che non possono più essere cambiate; dall’altro, come via di fuga da ciò che hai imparato, che credi non modificabile, perché puoi insegnare a te stesso cose nuove, e quindi in qualche modo modificare il passato immutabile. Insegnati cose nuove (ora) e il tuo nuovo passato sfocerà nel futuro che stai imparando.
19 – Il raggiungimento della pace
IV. Gli ostacoli della pace
B. Il secondo ostacolo: credere che il corpo abbia valore per ciò che offre
Il corpo non può portarti né pace né tormento, né gioia né dolore. È un mezzo e non un fine. Non ha scopo di per sé, ma solo quello che gli viene dato.
Il corpo è un mezzo fantastico. Ci permette di fare esperienze del mondo duale, e attraverso quelle esperienze arrivare all’astrazione di quello che ci sembra reale, utilizzando la nostra mente. Non ci sono altri utilizzi possibili. Nasce, fa esperienze, muore. Nell’istante iniziale, durante tutto l’intervallo intermedio, e credo soprattutto nell’istante finale, noi possiamo renderci conto che non siamo il nostro corpo, ma per quasi tutta la durata della vita facciamo questo errore di valutazione. Siccome ne siamo convinti, continuiamo in questa convinzione anche quando pensiamo che le emozioni del nostro corpo siano le nostre, e ne siamo spesso travolti. Onoriamo pure il nostro corpo, come il mezzo primario per fare esperienza, ma riprendiamo consapevolezza nella non identificazione con lo stesso.
20 – La visione della santità
III. Il peccato come adattamento
Il mondo che vedi non è che un giudizio su te stesso.
La cosa più facile che possiamo fare per sentirci meglio è prendere una parte di noi che non ci piace, portarla all’esterno, e proiettarla su qualcuno a qualcosa, per poter dire essenzialmente che noi siamo migliori di ciò che proiettiamo. Ripetendo questo processo per ogni singolo aspetto che non ci aggrada, ciò che ci circonda è lo specchio di ciò che siamo, ma non vogliamo accettare, e continuiamo a giudicare per sentirci superiori. Smettiamola, perché ogni giudizio ricade su di noi. Se giudichiamo qualcosa, proviamo a indagare dentro di noi quali sono stati i fattori che hanno creato lo schema mentale che ci porta a dare quel giudizio. Cultura, educazione, abitudini, errate credenze. Sono molteplici gli aspetti che ci possono aver influenzato, e che di conseguenza influenzano il giudizio di noi stessi. Smettiamo di giudicare, prima di tutto noi stessi.
21 – Ragione e percezione
III. Fede, credenza e visione
L’assenza di fede non è una mancanza di fede, ma la fede in nulla.
Questa affermazione mi colpisce, perché mi fa riflettere sul fatto che noi abbiamo comunque sempre fede in qualcosa, intesa come convinzione radicata in noi che non ha bisogno di prove oggettive. Sono queste convinzioni che ci fanno vivere con il pilota automatico. La cosa interessante, è che possiamo cambiare le nostre convinzioni, per creare (in un primo momento) un nuovo pilota automatico che ci porti nella direzione voluta. Spostandoci su territoti inesplorati della nostra mappa individuale, scopriremo un nuovo modo di essere e quindi di vedere le cose. Cambio di convinzioni dopo cambio di convinzioni, giungeremo alla conclusione che non ha più senso avere convinzioni, che non fanno altro che distoglierci da quello che c’è sempre stato, ossia il nostro Sé.
26 – La transizione
VII. Le leggi della guarigione
In questo caso particolare, la mia sottolineatura è il titolo del paragrafo, il che significa che durante la lettura mi aveva sicuramente colpito. L’ho quindi riletto durante la scrittura di questo passo e devo dire che contiene un vero concentrato di elementi utili per meglio comprendere i “miracoli”. Non avrebbe senso riportare le decine di citazioni interessanti e commentarle, perché si perderebbe il filo conduttore del discorso, che è ben delineato nel paragrafo. Ho quindi deciso di riportarne un sunto, rimanendo fedele all’originale selezionando i passi fondamentali, lasciando a te il compito di far sedimentare al tuo interno ciò che le parole ti doneranno.
Rivediamo i principi […] in un modo che riassuma tutto ciò che deve accadere perché la guarigione sia possibile. Perché una volta che è possibile, deve accadere. Ogni malattia viene dalla separazione. Quando la separazione viene negata, si dissolve. […] La colpa richiede punizione, e la sua richiesta è esaudita. Non nella verità, ma nel mondo di ombre e illusioni costruito sul peccato. […] La percezione cambia, essendo stata fatta per prendere il posto della conoscenza immutabile. Tuttavia la verità è immutata. Non può essere percepita, ma solo conosciuta. […] Le leggi della percezione sono opposte alla verità, e ciò che è vero della conoscenza non è vero di qualsiasi cosa che sia separata da essa. […] Ciò che è proiettato al di fuori e sembra essere esterno alla mente, non è affatto al di fuori, ma è un effetto di ciò che è dentro e non ha lasciato la sua fonte. […] Tutto ciò che una gerarchia di illusioni può mostrare è una preferenza, non la realtà. […] La tua preferenza non dà loro alcuna realtà. […] Il peccato non è un errore, perché va al di là della correzione, verso ciò che è impossibile. Tuttavia il credere che esso sia reale ha fatto sembrare che alcuni errori fossero per sempre al di là di ogni speranza di guarigione […]. Le illusioni non hanno testimoni né effetti. Chi le vede non è che ingannato. […] I peccati sono credenze che imponi tra tuo fratello e te stesso. […] Questo separarsi è simboleggiato, nella tua percezione, da un corpo che è chiaramente separato ed è una cosa a parte. Tuttavia, ciò che questo simbolo rappresenta, non è che il tuo desiderio di essere a parte e separato. Il perdono porta via ciò che si frappone tra tuo fratello e te stesso. […] Cos’è il perdono se non essere disposti a lasciare che la verità sia vera? Cosa può rimanere non guarito e frammentato da un’unità che contiene ogni cosa in se stessa? Non c’è peccato. […] La paura, è forse un tesoro? L’incertezza può forse essere ciò che vuoi? O è un errore riguardo alla tua volontà e a ciò che sei veramente? Consideriamo cos’è l’errore così che possa essere corretto, non protetto. Il peccato è il credere che l’attacco possa essere proiettato fuori dalla mente in cui è sorta la credenza. […] Gli effetti sono visti separati dalla loro fonte e sembrano essere oltre il tuo controllo o la tua capacità di prevenzione. […] Causa ed effetto sono una cosa sola, non separate. […] Credere che le idee possano lasciare la loro fonte è invitare le illusioni ad essere vere, senza successo. […] Il miracolo è possibile quando causa e conseguenza vengono portate insieme, non tenute separate.
X. La fine dell’ingiustizia
Pensi che tuo fratello sia ingiusto con te perché pensi che qualcuno debba essere ingiusto per far si che qualcun altro sia innocente.
Viviamo in un mondo duale, in cui ci è molto difficile renderci conto che stiamo definendo noi stessi in base a un continuo confronto con gli altri, perdendo la vera essenza di chi siamo. Nel mio caso, spesso mi capitava di essere arrabbiato con qualcuno, che credevo fosse la causa della mia rabbia, mentre a poco a poco ho scoperto che la rabbia era solo in me, e di conseguenza potevo anche controllarla. Non c’era niente al di fuori che mi accendeva; la scintilla veniva dalle mie reazioni automatiche. Possiamo rigirare a nostro vantaggio la dualità della nostra percezione, utilizzando gli altri come specchi che riflettono quello che portiamo al di fuori di noi perché non ci piace, di modo tale da risolvere quello che prima non comprendevamo a fondo.
27 – La guarigione del sogno
V. L’esempio di guarigione
L’unico modo per guarire è essere guariti.
Questa affermazione non implica solo che per aiutare gli altri bisogna prima aver aiutato la parte di noi che non comprende fino in fondo le cose, ma va oltre. Poco dopo nel testo si legge che “Nessuno può chiedere a un altro di essere guarito. Ma può permettere a se stesso di essere guarito e offrire così all’altro ciò che ha ricevuto”. Torna ricorrente il concetto che non possiamo donare agli altri quello che non abbiamo.
29 – Il risveglio
IV. I ruoli nel sogno
Quando sei arrabbiato, non è forse perché qualcuno non ha adempiuto alla funzione che gli avevi assegnato? E non diventa forse questa la “ragione” per cui il tuo attacco è giustificato?
Ho parlato della rabbia poco sopra, e qui viene riportato un altro esempio della scintilla che la fa divampare. Siamo abituati a catalogare tutto, comprese le persone, per cui a ognuno è assegnato un ruolo o, per essere più esaustivi, una personalità (ovviamente da noi percepita). Quando quella determinata persona esce dalle regole del ruolo/personalità che gli abbiamo assegnato ecco che, per quanto ci riguarda (nella nostra errata comprensione) abbiamo il diritto di indignarci per questa violazione. Nulla cambierà se non ci accorgiamo di questi meccanismi, che ci portano a continui giudizi, che facciamo e subiamo a nostra volta.
30 – Il nuovo inizio
I. Regole per la decisione
Come ho fatto per il paragrafo Le leggi della guarigione, anche in questo caso una sottolineatura racchiude un intero paragrafo, che ho riscoperto nuovamente e che mi ha ricordato delle semplici ma controintuitive linee di ragionamento che anche tu puoi applicare, per meglio comprendere le tue decisioni quotidiane.
Le decisioni sono continue. Non sempre sai quando le stai prendendo. […] Non combattere te stesso. La prospettiva comincia così: Oggi non prenderò decisioni da solo. Questo significa che scegli di non essere tu a giudicare cosa devi fare. […] Questo è adesso il tuo problema principale. Tu prima prendi una decisione e poi decidi di chiedere cosa dovresti fare. […] Questo conduce alla paura, perché contraddice ciò che percepisci e così ti senti attaccato. E quindi ti arrabbi. […] Questo significa che hai deciso da solo e che non puoi vedere la domanda. […] La tua paura di ricevere una risposta in un modo diverso da ciò che chiede la tua versione della domanda, guadagnerà in impulso, finché crederai che la giornata che vuoi sia quella nella quale otterrai la tua risposta alla tua domanda. E non la otterrai, perché ti distruggerebbe la giornata, rubandoti ciò che veramente vuoi. […] Se sei così restio a ricevere che non puoi nemmeno lasciare andare la tua domanda, puoi incominciare a cambiare la tua mente in questo modo: Almeno posso decidere che non mi piace come mi sento ora. […] Così spero di essermi sbagliato. Questo corregge il senso di opposizione e ti ricorda che l’aiuto non ti viene imposto, ma è qualcosa che vuoi e di cui hai bisogno, perché non ti piace il modo in cui ti senti. […] Adesso hai raggiunto il punto di svolta, perché ti sei reso conto che ci guadagnerai, se ciò che avevi deciso non è ciò che credevi. […] E puoi dire in perfetta onestà: Voglio un altro modo di vedere questa cosa. Ora hai cambiato la tua mente riguardo la giornata e hai ricordato cosa vuoi davvero. Il suo scopo non è stato più oscurato dalla folle credenza che lo vuoi per l’obiettivo di avere ragione quando hai torto. Così il fatto che sei pronto a chiedere viene portato alla tua consapevolezza, poiché non puoi essere in conflitto quando chiedi ciò che vuoi e ti rendi conto che questo è ciò che stai chiedendo.
VI. La giustificazione del perdono
Il perdono ingiustificato è un attacco.
Questa affermazione inizialmente mi ha colpito, ma poi tutto è stato chiaro. Utilizziamo troppo spesso il perdono per metterci in una posizione di superiorità rispetto al perdonato. Questo è ancor più accentuato se la situazione non lo necessita, e la nostra personale giustificazione è proprio quella di sentirci migliori. Ricordati che il vero perdono è quello che rende possibile la scomparsa totale della situazione negativa percepita, perché la causa non è mai esistita, come ho scritto in diversi miei passi precedenti (Ricordati chi sei anima antica, No time for karma, La danza della realtà e infine La realtà ultima).
Libro degli esercizi
Lezione 97 – Io sono spirito
Io sono spirito, un santo Figlio di Dio, libero da ogni limite, al sicuro, guarito e intero, libero di perdonare e libero di salvare il mondo.
Troviamo qui una sintesi delle certezze che dovremmo avere tutti, per permetterci di non essere trascinati dalla corrente delle false percezioni del mondo duale. Non siamo un corpo, ma una coscienza parte-intero della Coscienza, senza limiti, senza preoccupazioni, consapevoli, capaci di perdonare (nel modo descritto sopra) e di ritrovare il nostro vero Sé.
Lezione 170 – Non c’è crudeltà in Dio e nemmeno in me
Tu fai ciò da cui ti difendi, ed è la tua stessa difesa contro di esso che lo rende reale e inevitabile. Deponi le tue armi, e solo allora percepirai che è falso.
Ciò a cui diamo attenzione, acquisisce energia, non importa cosa sia. Se ci concentriamo su di un problema, sarà più grande. Per fortuna questo vale anche con le cose positive ma, per contro, se combattiamo qualcosa ci troveremo in una lotta sempre più agguerrita. In questo caso l’accettazione equivale al deporre le armi, non in segno di resa, ma per la presa di coscienza che il nemico non è più presente.
Lezione 289 – Il passato è finito. Non mi può toccare.
A meno che il passato non svanisca dalla mia mente, il mondo reale sfuggirà alla mia vista. Giacché in realtà non guardo da nessuna parte e vedo soltanto quello che non c’è. Come posso dunque percepire il mondo che il perdono offre? Il passato è stato fatto per nasconderlo, poiché questo è il mondo che si può vedere solo adesso. Esso non ha passato. Poiché ciò che può essere perdonato è solo il passato che, se è perdonato, svanisce.
Ancora una volta il concetto di passato (che ci influenza) e di perdono (che ci libera dal passato) si intrecciano in questa sottolineatura. Dimenticare completamente il passato, in maniera assoluta, eliminerebbe in qualche modo tutti le esperienze fatte, ma questo non avrebbe senso. Il perdono è invece la rimozione selettiva di quello che avevamo interpretato in maniera errata, lasciando tutto il resto. È questa la differenza sostanziale, che mantiene intatte le nostre esperienze verso la comprensione, liberando gli ostacoli per lasciarci liberi di procedere verso di essa.
Lezione 325 – Tutte le cose che penso di vedere riflettono delle idee
Ciò che vedo riflette un processo della mia mente, che inizia con la mia idea di ciò che voglio. Da questo punto la mente forma un’immagine della cosa che la mente desidera, la giudica di valore e quindi cerca di trovarla. Queste immagini sono poi proiettate all’esterno, prese in considerazione, stimate reali e custodite come proprie.
In questo caso stiamo ancora parlando di proiezione; non delle cose che non tolleriamo di noi, ma dei desideri che abbiamo e che cerchiamo di soddisfare nel mondo duale. L’esterno ci serve come specchio per comprendere noi stessi, ma è solo il primo passo prima di accorgerci che l’immagine riflessa non siamo noi, ma solo l’idea di noi, che possiamo ritrovare solo volgendo l’attenzione all’interno.
Lezione 335 – Scelgo di vedere l’assenza di peccato di mio fratello
Il perdono è una scelta. Io non vedo mai mio fratello com’è, poiché questo va ben oltre la percezione. Ciò che vedo in lui è semplicemente quello che desidero vedere, perché rappresenta quella che io voglio sia la verità. È soltanto a questo che reagisco, per quanto invece io possa sembrare spinto da eventi esterni. Scelgo di vedere ciò che voglio vedere, e questo vedo, e soltanto questo. L’assenza di peccato di mio fratello mi mostra che voglio vedere la mia. E la vedrò, avendo scelto di vedere mio fratello nella sua santa luce.
Ancora una volta il tema del perdono riemerge, e in questa sottolineatura si sottolinea il fatto che è una nostra scelta. Questa scelta, considerando quanto detto prima sulla proiezione, porta a un riflesso della nostra immagine che non ha più peccati (né sensi di colpa), donandoci una nuova percezione di noi stessi. C’è un ritorno al nostro vero Sé, come ripreso nell’ultima sottolineatura di questo libro, che ci riporta al concetto di miracolo.
Lezione 357 – La verità risponde a ogni appello che facciamo a Dio, dapprima coi miracoli per ritornare poi a noi per essere se stessa
Chiudo questo passo con il titolo di questa lezione, che sottolineai nella mia prima lettura, non sapendo che sarebbe stata l’ultima di questo lungo libro. Sembra quasi il riepilogo di un percorso che ci riporta a casa. La verità è la corretta comprensione delle nostre esperienze, inizialmente con il cambio del nostro modo di vedere le cose (i miracoli), fino a che non ci saranno più fraintendimenti ed essa stessa potrà essere i nostri occhi, senza più nessuna lente che distorce ciò che osserviamo.
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