• Agosto 2016 •
Alle volte, le indicazioni giungono a noi nella maniera più semplice, e basterebbe seguirle per aprire nuovi percorsi nelle nostre riflessioni personali. A me successe mentre ero a tagliarmi i capelli, chiacchierando con la mia “barbiera”, conosciuta da poco. Dopo i primi tagli in cui avevamo preso entrambi le misure uno dell’altra, mi venne posta questa domanda: “Conosci Ho’oponopono?” (trascurando il fatto che non l’avrei mai scritto così la prima volta che l’ho sentito pronunciare). Non lo conoscevo, e mi suggerì di leggere il libro Zero limits di Joe Vitale, per avvicinarmi al tema.
Se hai letto i miei passi precedenti, sai già che più che descrivere degli approcci (come in questo caso con l’Ho’oponopono), riprendo le mie sottolineature dei libri che mi hanno accompagnato nel mio percorso, per rivivere in prima persona cosa mi aveva portato a soffermarmi su quelle parole, riscoprendo che i miei pensieri di allora si sono modificati, muovendosi in nuove dimensioni di consapevolezza. Per non lasciarti sospeso con i pensieri su di un nome, senza nemmeno un piccolo accenno a cosa si riferisce, ti basti sapere che l’Ho’oponopono è una tecnica nata dalla cultura hawaiana più antica, che in estrema sintesi fonde in un’unica esperienza i temi della responsabilità totale di ciò che ci accade, della gratitudine e dell’amore (prima di tutto per noi stessi). Queste tre fondamenta, fatte diventare un’abitudine (che lentamente si trasforma in credenza), ci permettono di vedere le cose con occhi nuovi. Soprattutto il primo punto, di fatto (se davvero accettato), ci fa capire che tutto dipende da noi, e che nulla può essere influenzato da elementi esterni (che troppo spesso non ci rendiamo conto vengono inconsapevolmente attirati da noi stessi).
Mi piace condividere con te (non ti stupirà, dopo la lettura delle tante cose che ho scritto nei mie passi, se ti considererò come una mia proiezione) queste riflessioni, per riprenderle e comprenderle meglio io stesso (ma siamo realmente entità differenti?). Nella prima sottolineatura trovo ancora una volta un concetto che si ripropone spesso:
Quando scoprite una cosa che non vi piace in qualcuno, l’avete anche voi
Ritorniamo al concetto di specchio (e di proiezione appena citata), che ho ripreso sia nel passo precedente La chiave suprema, che già in altri passi come ad esempio Il potere del cervello quantico. Le altre persone sono specchi che ci permettono di notare aspetti che altrimenti passerebbero inosservati, su cui dobbiamo lavorare, ma al nostro interno, e non certamente sugli specchi che ce li hanno resi evidenti. Quello che ci infastidisce, tipicamente nasce da un nostro preconcetto che si è formato negli anni precedenti della nostra vita, ma questo passato in realtà è assai più “presente” di quanto immaginiamo. Questo concetto emerge anche nella prossima sottolineatura, che in realtà non appartiene ai pensieri di Joe Vitale, ma riporta il sonetto 30 di William Shakespeare:
Quando al dolce pensiero silenzioso Aggiungo il ricordo di cose passate Sospiro per la mancanza di tante cose desiderate E per vecchie pene rinnovate lamento lo spreco del mio tempo più caro … Allora mi affliggo di afflizioni ormai passate, e di pena in pena tristemente ripasso il conto infelice di pianti già pianti che ancora pago come non l’avessi mai pagato.
Il passato, se riportato alla mente (che in realtà è l’unico luogo in cui può continuare a vivere), non fa altro che mostrarci un presente che rappresenta la sua cristallizzazione. Shakespeare cita afflizioni passate che continuano ad affliggerlo e pianti già pianti, che ancora lo tormentano come non l’avessero mai tormentato. Perché continuare sempre in questo modo? Perché credere fermamente che ciò che è avvenuto in passato decreti, senza possibilità di cambiamento, chi siamo?
L’istante presente è l’unico momento in cui è possibile cambiare le cose, e dobbiamo ricordarci di non cadere nei due tranelli che ci allontanano perennemente dal qui-e-ora, tenendo presente che:
- il passato non vincola il presente
- non dobbiamo cercare il risultato nel futuro, ma nel presente
Ho già affrontato il tema del tempo in altri miei passi, magari dicendo che non esiste, ma in realtà qualche tempo prima di completare questo passo ho sentito una persona (che ritroveremo nei miei prossimi passi come autore dei libri che ho letto più recentemente) che affermava che “il tempo esiste, ma non è reale”. Esiste, perché è legato alla nostra percezione, ma non è reale, perché senza una mente scompare. Qualcosa di simile l’avevamo già descritto nella teoria del Biocentrismo, ma qui vorrei essere in qualche modo più concreto, per lasciarti al termine di questo passo con qualcosa su cui riflettere.
Che il futuro sia solo nella tua mente, probabilmente ti suona abbastanza familiare, ma se ci rifletti un attimo, vale lo stesso per il passato. Non c’è nulla riferito al tuo passato che non sia solo nella tua mente, e non cercare di obiettare che diverse cose materiali riferite al tuo passato sono presenti al di fuori della tua mente, perché di questo scriverò in uno dei prossimi passi). Quindi è la tua mente che, a furia di pensare a pensieri passati, crea una realtà che li renda coerenti con quello che vedi (o credi di vedere). È proprio per questo che, se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo agire sui nostri pensieri “ora” e non aspettarci risultati nel futuro, che altrimenti sarà la fotocopia del nostro passato, o meglio dei nostri pensieri passati e fossilizzati, continuamente immutati nel presente.
Puoi cambiare adesso. Puoi “essere” adesso.
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